Salento Miocene: a preliminary paleoenvironmental reconstruction


Abstract


En
The Miocene Series of the Salento Peninsula is formed by six lithological facies. These lithological facies are made up by calcirudites, calcarenites and calcilutites composed of intrabasinal carbonate grainsand, subordinately, of non-carbonate intrabasinal grains and non-carbonate extrabasinal clasts. The facies show abrupt lateral thickness changes and a variety of contacts corresponding to different stratigraphic relations (heterotopy, paraconformity, disconformity and angular unconformity). The chronostratigraphic setting, based on biostratigraphic data from literature, allows to establish space-time relations between the lithological facies. Altogether, the stratigraphic features of the Salento Peninsula Miocene Series is indicative of an open marine platform environment characterised by a "undulating" topography which fragemented the studied area in different "depositional domains".The main factors of these differences in the depositional history within the basin have been due to both exogenous (subaerial erosion and eustatic changes) and endogenous (tectonic fracturing and/or diapire raising) phenomena.
It
Nella Penisola Salentina, varie unità stratigrafiche di età miocenica ricoprono, con contatti trasgressivi e discordanti, unità del Cretaceo e del Paleogene. Il Miocene salentino è caratterizzato da sedimentazione prevalentemente carbonatica ed è distinto in due formazioni: Pietra Leccese (GIOVENE, 1810) e Calcareniti di Andrano (MARTINIS, 1967). Il contatto tra di esse è interpretato come un limite stratigrafico privo di significative discontinuità (ROSSI, 1969a; 1969b; BOSSIO et al., 1988b; 1991), come un limite eteropico (LARGAIOLLI et al., 1969; ROSSI, 1969a; 1969b;) ovvero come trasgressivo e discordante (BOSSIO et al., 1988a). Al Miocene sono, inoltre, attribuite più di una decina di unità stratigrafiche informali (vedi tabella 1). La stratigrafia del Miocene salentino risulta, pertanto, mancante di un quadro unitario di riferimento. Di conseguenza, anche gli aspetti sedimentologici delle unità mioceniche del Salento, già difficilmente interpretabili a causa delle modificazioni postdeposizionali (bioturbazioni, diagenesi, alterazioni esogene) sono poco noti. Quindi la ricostruzione dell'evoluzione paleoambientale di questo settore della Piattaforma Carbonatica pugliese, che già prima del Miocene assumeva il ruolo di avampaese rispetto agli orogeni appenninico e dinarico, è carente di molti aspetti fondamentali. Nel presente articolo si è fatto uso, quale strumento di lavoro, di unità stratigrafiche informali ("facies litologiche"). Esse permettono di delineare una preliminare ricostruzione della stratigrafia del Miocene salentino, attraverso l'uso critico delle fonti della letteratura scientifica di merito (specie per i riferimenti cronostratigrafici) e di originali osservazioni geologiche di terreno. Con tali premesse, la Serie miocenica salentina è descrivibile attraverso sei distinte facies litologiche (vedi tabella 1). Esse sono formate da calciruditi, calcareniti e calcilutiti composte da granuli carbonatici di origine intrabacinale e, subordinatamente, da granuli non carbonatici intrabacinali e da clasti non carbonatici extrabacinali. Le facies litologiche sono state applicate in undici sezioni stratigrafiche (Punta Ristola; N di Santa Maria di Leuca; Ciolo; Poggiardo; Cursi-Melpignano; Cannole; Castro-S. Cesarea Terme; Palmariggi-Minervino; S di Lecce; N di Lecce ed W di Capo d'Otranto; vedi Figg. 1, 3 e 4). Si è così evidenziata l'ampiezza delle variazioni laterali di spessore delle facies; inoltre si sono ricostruiti contatti corrispondenti a rapporti stratigrafici di vario tipo (eterotopia, paraconformità, disconformità e discordanza angolare). E ancora, l'inquadramento cronostratigrafico, ottenuto mediante dati biostratigrafici di letteratura, ha permesso di stabilire relazioni spazio-temporali tra le facies. L'insieme delle caratteristiche delle facies mioceniche della Penisola Salentina indica un ambiente deposizionale di piattaforma di mare aperto alimentato da rari apporti terrigeni, e consente di delineare una preliminare ricostruzione paleoambientale. La trasgressione del Burdigaliano superiore, ricoprì un territorio modellato da azioni endogene ed esogene attive dal Cretacico. I sedimenti si accumularono così principalmente nelle zone più depresse (depocentri di Leuca, Cursi e Lecce; vedi Figg. 5 e 7). Dalla fine del Langhiano, o dal Serravalliano, e sino al Messiniano iniziale, il settore sudoccidentale del Salento (depocentro di Leuca) fu in condizioni subaeree. Durante il Serravalliano non vi furono condizioni favorevoli alla sedimentazione su quasi tutta la Penisola Salentina; probabilmente le biocenosi bentoniche migrarono verso E e verso W, quale conseguenza dell'abbassamento del livello medio del mare. Nel Tortoniano il depocentro di Cursi presentava batimetrie minori rispetto al depocentro di Lecce. Dopo un probabile breve periodo di emersione, nel Messiniano pre-evaporitico il Salento fu caratterizzato da una omogenea sedimentazione carbonatica riferibile a mare poco profondo. Infine, durante la fase evaporitica che interessò l'intero Mediterraneo, probabilmente l’intera penisola salentina si trovò in condizioni subaeree.

DOI Code: 10.1285/i15910725v25p41

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